Per un’ipotesi di bellezza di Ugo Nespolo

Per un’ipotesi di bellezza

Si deve cominciare col dire che Giorgio Rastelli si colloca nel panorama dell’arte tutta in maniera davvero singolare.

Non paia un’osservazione banale.

Infatti ogni personalità artistica, ogni atteggiamento che abbia da fare con la creatività, almeno pretende – anzi esige – un’autonomia ed una singolarità.

In realtà così non è davvero, anzi lo è soltanto in casi ben precisi ed in particolare in quegli atteggiamenti che con coraggio seguono strade non canoniche.

Per lo più il fare arte procede seguendo indicazioni non scritte ma ben constatabili. Tutto il cosiddetto sistema dell’arte poggia su indicazioni fornite dal visto e sentito nell’ormai globale e dittatoriale flusso delll’everything goes di taglio tardo postmoderno.

Dalle storiche avanguardie in poi crolla il mito (e la possibilità di giudizio conseguente) dell’opera d’arte fornita ad esempio di maestria esecutiva.

Il grande flusso dell’eroica Tradizione Artigianale che veniva fornita innanzi tutto nelle botteghe si è come dissolta, reietta e persino vituperata dalla critica per trasformarsi – in qualche modo – in un elemento detrattore dell’espressività e della ricerca stessa.

Abbiamo dunque assistito ad una sorta di esaltazione di quella presunta concettualità che si vorrebbe capace di sostituire in sé la materialità, la fisicità dell’opera d’arte.

Ecco allora intanto in Giorgio Rastelli il virtuosismo, l’esaltazione della manualità, la capacità di dar vita ad un universo ligneo sapendo eliminarne la fissità, la durezza, la rigidità che parrebbe obbligata.

Il mondo di Giorgio Rastelli è un mondo di figure leggiadre ma non leziose, erotiche ma molto ironiche, narrative ma ricche di concettualità.

So che il progetto dell’artista non si limita al solo universo femminile ma si estende invece alla natura tutta ed al mondo animale in particolare.

Come non ricordare la straordinaria Balena del 2000 le cui dimensioni gigantesche (più di 10 metri!) ribadiscono come Rastelli sappia dotare di un vero soffio vitale una materia che si immaginerebbe rigida ed inespressiva.

La tradizione della scultura lignea policromata ha radici lontane non solo nell’arte occidentale. Rastelli parodiando non poco gli atteggiamenti sensual-sportivi nelle sue opere mette in scena un universo di movimenti colti (e come rubati) dalla flessuosità del movimento, alla esaltazione del gesto atletico, su sino alla civetteria di certi atteggiamenti che potenzia quell’aria di leggerezza e di bellezza desiderabile.

Si tratta forse in questi anni di essere in grado di ridefinire il concetto stesso di “bellezza” ben sapendo che risulta poco plausibile e parecchio artificioso tentare di ricalcare in arte parametri che ritornano dal passato.

La bellezza insomma non può essere la riesumazione in chiave contemporanea di moduli, modelli ed idee d’altri tempi.

Se la bellezza fosse soltanto “armonia” dovremmo tutti lanciarci alla riscoperta di una nuova misura, forse una nuova “sezione aurea” modello di proporzione ed equilibrio.

Certo non lo si potrà – né dovrà fare -.

So che Giorgio Rastelli, lo spero anzi, potrebbe approvare l’ipotesi che – come nelle sue opere – la bellezza altro non sia che una promessa di felicità.